Dove sei?
Dove sei?
Dove sei?
Qualcuno raccontava il mio racconto,
ma io, poeta pazzo e innaturale,
volevo rimanere chi non ero,
coi miei castelli in pancia a dei cavalli,
coi miei giganti appesi a delle foglie,
a mangiare erba in fondo ai mari azzurri,
a far la fame su pianeti a pezzi,
a rubar donne e briciole di stelle.
Io, pazzo incontrollato (...) singolare,
volevo il pianto sotto ai miei ginocchi,
la luce prigioniera dei miei occhi,
volevo diventare madre e figlio,
e resisteva (...)
perla chiusa dentro una conchiglia.
Avrei voluto diventare casa
o viscere di madre indolorite,
il forcipe che mi stringeva il viso
o utero di donna deflorata.
Avrei voluto rimanere foglia
e poi d'estate diventare giglio
oppure il girotondo dei bambini
e prima soma, aratro e dopo terra
oppure neve o ombra di cristallo
e io, poeta folle e vagabondo,
chiedevo di restarmene immortale,
e resistevo appeso per le unghie,
io non avrei voluto scarpe ai piedi,
cancelli chiusi e porte fatte a chiave.
Io non avrei voluto gesti doppi
o patti fatti a orario d'imperfetto.
Io non avrei voluto e l'ho gridato
ma dopo due minuti sono nato.
Qualcuno raccontava il mio racconto...