Dove sei? Dove sei? Dove sei? Qualcuno raccontava il mio racconto, ma io, poeta pazzo e innaturale, volevo rimanere chi non ero, coi miei castelli in pancia a dei cavalli, coi miei giganti appesi a delle foglie, a mangiare erba in fondo ai mari azzurri, a far la fame su pianeti a pezzi, a rubar donne e briciole di stelle. Io, pazzo incontrollato (...) singolare, volevo il pianto sotto ai miei ginocchi, la luce prigioniera dei miei occhi, volevo diventare madre e figlio, e resisteva (...) perla chiusa dentro una conchiglia. Avrei voluto diventare casa o viscere di madre indolorite, il forcipe che mi stringeva il viso o utero di donna deflorata. Avrei voluto rimanere foglia e poi d'estate diventare giglio oppure il girotondo dei bambini e prima soma, aratro e dopo terra oppure neve o ombra di cristallo e io, poeta folle e vagabondo, chiedevo di restarmene immortale, e resistevo appeso per le unghie, io non avrei voluto scarpe ai piedi, cancelli chiusi e porte fatte a chiave. Io non avrei voluto gesti doppi o patti fatti a orario d'imperfetto. Io non avrei voluto e l'ho gridato ma dopo due minuti sono nato. Qualcuno raccontava il mio racconto...