Fuori c'era un bel cortile Poi le grandi scale E c'era il vento E gli alberi di mele. Si fece notte E un uomo della mia statura e della mia presenza Mi conduceva in un'insenatura Che a un certo punto diventava la mia stanza. Lì c'era tutta la mia vita Che per la prima volta mi si rivelava E c'era un grande specchio Che indifferente mi duplicava. L'uomo della mia statura e della mia presenza Forse troppo familiare Forse troppo somigliante Mi stava accanto e non faceva niente. Mi giunse la sua voce Che a**omigliava un po' alla mia Ormai era più ingrata e senza sfumature Con certe fastidiose intonazioni Che sento a volte nelle mie registrazioni. Ma più che altro Mi spaventò il suo volto Tremendamente uguale al mio Non ebbi più alcun dubbio Quell'uomo ero senz'altro io. E allora io mi vidi Così brutto e scoperto Che fui preso dal terrore E mi scoppiava il cuore Come fosse un infarto. E lui rideva E poi sputava l'aria Con una calcolata cattiveria, E quella smorfia era la mia copia speculare Così imbruttita e repellente Da fare orrore. Odio il tuo viso che è la mia caricatura Odio la tua voce che è la mia scimmiottatura Odio l'arroganza della tua idiozia Odio la tua stupida parola che è la mia. Ma lui restava immobile a guardare Poi prese a parlare esageratamente adagio Mi disse che era logico e normale Che in quella notte di casuale sortilegio Aveva avuto il privilegio Di conoscere il male. Fuori non c'era più il cortile Né le grandi scale E nemmeno il vento Né gli alberi di mele. Era come un sogno che svapora Che quando lo racconti Non riesci neanche a ricordarti. Fuori mi aspettavano altri sogni Altri infarti.