L'uranio è naturale, come una verdura, come un cumulo di spazzatura, una macchia solare, un'esplosione nucleare, un pino loricato, o smanettare con una cellula, la clonazione di una libellula, l'esistenza di mondi virtuali, come riposare sui prati, l'inquinamento, il materiale plastico che sto stringendo e ruotando col mio palmo, il cartello verde di metallo con scritto “area di servizio”, le centinaia di sostanze nella sigaretta che Stefano sta confezionando. Fermiamo la macchina, facciamo una pausa – naturale come l'asfalto che ha smesso di muoversi e che stiamo pestando
Naturale come un Autogrill, un parcheggio, un pompa di benzina, un'aiuola che divide il traffico di uomini veloci, dalla socialità da sosta piegata alla domanda/offerta. La risposta è: noi tre coi Tupperware, riso e verdure sul marciapiede. Noi, siamo noi a tramutare in naturale ogni luogo che trovi impossibile da frequentare. Un camionista. Un'inserviente. Un'automobile nuova. Una vecchia. Una vecchia che protesta. Una coppia scende dalla motocicletta. Una famiglia gusta un pranzo naturale. Impressione od oggettività? La risposta è: un pullman che parcheggia lentamente sotto il nostro naso naturale, mentre finiamo di mangiare, ferma il motore, apre le pneumatiche portiere con un sibilo. Le frontiere tra spontaneo e artificioso si annichiliscono, mentre dal veicolo allagano, sciamano, si diffondono, prendono piede delle moltitudini di ragazzine, che determiniamo essere sui dicia**ette. Le minorenni sono animaletti da osservare nel loro habitat naturale. Sembrano formate, ma sono nate in primavera e si dirigono all'estate. Chi conosce inverno, autunno, e chi già accetta la ciclicità di un anno dopo l'altro. Chi non vive nel rimpianto ha capito già da tempo che l'unico modo per rapportarvicisi è aiutarle a fare i compiti, dare indizi per gli ascolti e le letture, generando grosse crepe nella moltitudine di statue a somiglianza e immagine del Freud. E così, e così guardiamo le ragazze di dieci anni in meno. Un'occasione di ironia più che di desiderio: in realtà siamo noi ad avere dieci anni in meno. Siamo dei bambini che fanno segno “sette” con le dita, giochiamo ai maghi, inventiamo soluzioni inapplicabili per comandare i draghi, senza guardare i ranghi, infrangere vetri inarrampicabili, immaginarci gli scenari più potenti per poi realizzarli. Siamo persi: abbiamo pensieri più grandi della lotta tra le cla**i, i sessi, gli interessi, e non ci siamo accorti che guardando le dicia**ettenni queste cominciano a sentirsi viste, dando luogo a conseguenze. Sistemi che osservano, sistemi che osservano. La magia è complessa. Una ragazza si distacca dal suo gruppo, fomentata dalle sue compagne – ridono, provano a mandarci un'emissaria dall'aria seria: pantaloni, maglietta, capigliatura perfetta, indistinguibile da un'altra, uno stereotipo vivente viene al nostro cospetto, uno slancio umano fatto di gambe, petto e collo, come quando vai dal fruttivendolo e stai pensando al cosmo. Davanti a me – sono seduto – una ragazza che non mi fa sentire né giovane né troppo cresciuto. Mi sorride, mi porge un saluto:
“Ciao viandante, io sono uno spirito guida, incarnato in questo corpo da ragazzina. Mi chiamano figlia, alcuni sorella, altri figa. Sono qui per dirti che nonostante tu sia un mago, nonostante tu abbia fatto sette dischi, la tua ricerca è appena agli inizi. Cerca di vivere il più possibile, almeno fino a centoventi anni. Miliardi di cicli verranno. Trovarsi e perdersi. Sbagliarsi e correggersi. Il tuo destino è scritto e da scrivere. Maturi le caratteristiche e gli strumenti per modificarle in simultanea. In questi giorni intensi vivrai contrasti nel chiamarti e paragonarti ad una tartaruga, nel mischiarti coi cerbiatti e dimostrarti esagerato nell'entrare in una femmina, sbilanciando la tua falsa etica in una ciotola di riso e schiaffi. Non riuscirai mai a rila**arti davanti ai fuochi. Devi farti invadere dalle vibrazioni dolorose, che stendono sul suolo e tirarti fuori dal dolore da solo, senza un espediente farmacologico od un attimo di riposo. Devi vivere due vite come una sola per trovare il drago, e devi farlo senza parlare, senza star zitto, disintegrando te stesso ed il concetto di adesso – scusate, qualcuno di voi ha una sigaretta da offrirmi?”
Il mio compare porge il tabacco, mentre io sono estasiato. So che per me è difficile. So che non sai perché. E che tu ci creda o meno, io non sono una persona ma quattordici. E che tu ci creda o meno, io sono gli altri, sono il caso. Uno scoglio tra le ondate di pragmatismo ed astrazione. Mi disintegro nell'acqua per gli effetti di erosione