Damiano R. «Non fuggirò più, figlio di Peleo, come ora ho fatto tre volte, attorno all'illustre città di Priamo, e non ho avuto il coraggio di aspettare il tuo a**alto. Ma ora il mio cuore mi spinge a starti di fronte, sia vincitore o sconfitto. Ma su, invochiamo gli dèi, che saranno i migliori testimoni e garanti dei nostri patti. Alessandro G. Se Zeus mi concede che io ti resista e ti tolga la vita, io non recherò offese orrende al tuo corpo ma, dopo averti spogliato delle armi illustri, ridarò ai Greci il tuo corpo: tu fa' altrettanto». Giuseppe L. Lo guardò di traverso e gli rispose il veloce Achille: «Ettore, non parlarmi, maledetto, di accordi; non ci sono patti tra gli uomini ed i leoni, non hanno cuori concordi i lupi e gli agnelli, senza tregua sono nemici gli uni degli altri: così tra me e te non ci può essere mai amicizia Cecilia M. né giuramenti, prima che uno di noi cada e sazi di sangue Ares, il guerriero dal pesante scudo. Pensa piuttosto a tutto il tuo valore, perché ora devi essere combattente e coraggioso guerriero. Non puoi sfuggirmi; qui subito Pallade Atena ti uccide con la mia lancia; e pagherai tutti quanti Giulia M. i lutti per i miei compagni, che uccidesti infuriando il battaglia». Così disse e, dopo averla palleggiata, scagliò la lunghissima lancia, ma lo splendido Ettore la evitò guardando avanti; la vide in anticipo e si chinò; gli pa**ò sopra la lancia di bronzo e si piantò in terra; la prese Pallade Atena, e la ridiede ad Achille all'insaputa di Ettore, capo d'eserciti. Noemi I. Ed Ettore parlò così al grande Achille: «Mi hai mancato; e dunque da Zeus tu non sapevi, Achille pari agli dèi, la mia sorte, come pure hai detto: non sei che un furbo ed un chiacchierone, e pensavi che per paura scorda**i la mia forza e il valore. Non mi pianterai la lancia nel dorso mentre fuggo, Francesco D. piantala qui nel petto mentre ti a**algo, se te lo concede un dio, ma frattanto tu evita la mia lancia di bronzo. Oh, se potessi riceverla tutta nel tuo corpo! La guerra sarebbe più leggera ai Troiani, dopo la tua morte; per loro tu sei la peggiore sciagura». Così disse e, dopo averla palleggiata, scagliò la lunghissima lancia, e colpì al centro lo scudo di Achille; Luisa C. non fallì, ma fu respinta dallo scudo la lancia; s'adirò Ettore, che inutilmente il colpo veloce gli era uscito di mano. Rimase fermo, affranto: non aveva altre lance. Chiamò a gran voce Deifobo, l'eroe dal bianco scudo, e egli chiedeva una lancia, ma quello non gli era più accanto. Allora Ettore capì nel suo cuore e così disse: Alessio R. «Ahimè, certo gli dèi mi chiamano a morte: credevo che mi fosse vicino l'eroe Deifobo, ma è dentro le mura, e mi ha ingannato Pallade Atena. Ora mi è accanto la morte crudele, non è lontana, non è evitabile: da tempo questo volevano Zeus e il figlio di Zeus, l'arciere, che prima benignamente Francesco A. mi proteggevano, e adesso il destino m'ha colto. Ma non voglio morire senza lotta né senza gloria, bensì facendo qualcosa di grande, che anche i posteri ricorderanno». Dette queste parole, sguainò la spada acuta che gli pendeva al fianco, grande, robusta; si raccolse e attaccò, come l'aquila alta nel cielo,
Giulia R. che piomba sulla pianura attraverso nuvole oscure per prendere qualche agnello tenero, o qualche timida lepre: così Ettore si scagliò, agitando la spada acuta. E anche Achille si mosse, l'animo pieno di furia selvaggia: aveva il petto coperto del bellissimo scudo, ben lavorato, e muoveva l'elmo splendente Antonio A. con quattro cimieri; ondeggiava la bella criniera dorata che Efesto aveva messo, folta, attorno al cimiero. Come nel cuore della notte s'avanza fra le altre stelle la stella di Espero, la più bella nel cielo, così risplendeva dalla punta acuta della lancia che Achille brandiva nella destra, meditando la morta di Ettore, Gabriele S. e guardando il bel corpo, dove meglio avrebbe ceduto. Era tutto coperto dalle armi di bronzo, le bellissime armi che, uccidendolo, aveva tolto a Patroclo, tranne che si vedeva il punto dove la clavicola divide il collo dalle spalle, la gola, il punto dove la morte è più rapida. Là, mentre attaccava, lo colpì con la lancia il nobile Achille, Emanuele S. e la punta gli attraversò il collo morbido, ma l'asta pesante di bronzo non gli recise la trachea, così che poteva parlare e rispondere, cadde riverso nella polvere e su di lui si vantò il nobile Achille: «Ettore, tu credevi, quando spogliasti Patroclo, d'essere al sicuro e non contavi per niente me che ero lontano; sciocco! Melany F. Lontano, ma difensore molto più forte, restavo indietro io accanto alle navi, io che ti ho tolto la vita; cani ed uccelli ti sbraneranno orrendamente, lui lo seppelliranno gli Achei». Gli rispose, senza più forze, Ettore, l'eroe dall'elmo splendente: «Per la tua vita, per i tuoi ginocchi, per i genitori ti supplico: Gaia M. non lasciare che mi divorino i cani presso le navi dei Greci, ma accetta in abbondanza oro e bronzo, il riscatto che ti daranno mio padre e la mia nobile madre, e restituisci il mio corpo a casa, perché i Troiani e le spose troiane mi concedano l'onore del rogo». Lo guardò di traverso e gli rispose il veloce Achille: Alessio T. «Cane, non mi pregare per i miei ginocchi né per i genitori: vorrei che mi basta**e l'animo ed il furore a tagliare il tuo corpo e a mangiarlo crudo, per quello che m'hai fatto, com'è vero che nessuno allontanerà cani dalla tua testa, neanche se mi porta**ero un riscatto di dieci o venti volte più grande e ne promettessero ancora, Lorenzo D. neanche se Priamo discendente di Dardano ti ripaga**e a peso d'oro; neanche così la tua nobile madre che ti ha partorito ti metterà sopra un letto funebre e ti piangerà: ti sbraneranno tutto i cani e gli uccelli». Morendo gli disse Ettore, l'eroe dall'elmo splendente: «Ti conosco bene e lo prevedevo Prof. che non ti avrei persuaso; hai un cuore di ferro nel petto. Bada però che io non ti provochi l'ira degli dèi, il giorno che Paride e Febo Apollo t'uccideranno alle porte Scee, per quanto tu sia valoroso». Mentre così diceva, la morte lo avvolse, l'anima lasciò le membra e volò nell'Ade, piangendo il suo destino, lasciando la forza e la giovinezza. E a lui già morto rispose il nobile Achille: «Muori; la mia morte l'accetterò quando vorrà compierla Zeus e gli altri immortali».