Lo chiamavamo Keaton quel pianista Naturalmente perché non sorrideva mai Mentre noi ci ammazzavamo di risate A vederlo come un parafulmine, dritto, Contro un cielo di guai. Guai di tasca, violoncello, guai d'amore, Guai da vita distratta e disarmata, Che ricamavano dentro al suo stupore Una tela affascinante, Ma un po' troppo delicata. E lui si presentò come un jazzista Appa**ionato e puro in stile rete tre, Coi pregiudizi di chi si sente artista, Perché non faceva soldi, lui, Con le canzoni, come me. Ma non mi accompagnava poi malvolentieri, Eravamo due grandi acrobati della malinconia, E poi dobbiamo farne di mestieri, Noi che viviamo, della nostra fantasia. E parlavamo poi molto in quelle sere, In qualche bar, dopo il concerto, Insonni e morti. Di politica, ciclismo, storie vere, E di come i Weather Report erano forti, E di come era importante fra la gente, Non essere solo musica e parole, E di come era importante che la gente, Non fosse una somma di persone sole. Keaton, Keaton Che fine hai fatto Keaton, Sei poi andato in malora Keaton, Lo sai che ti sto venendo a cercare. Keaton, Keaton Perché stanotte Keaton, Proprio stanotte Keaton, Avrei bisogno di sentirti suonare. Si illuminava poi di colpo, Lungo l'effimero consueto di una sera, S'illuminava di una gioia grande, Quando si avvicinava a una tastiera. E preferiva quelle un poco usate Quelle in cui tutti mettono le mani, Quelle ingiallite dal tempo, Un po' scordate, Dall'ignoranza, dalla pa**ione degli umani. E poi una volta abbiamo litigato, Per una donna prima sua, dopo mia, Lui coi suoi guai, io con il mio quasi peccato, Sconfitti entrambi dalla malinconia. Ci siamo persi quasi senza una parola, Ma tutti e due con più rabbia che rimpianti, Come i bambini che si fan dispetti a scuola,
Come due vecchi che si sono amati tanto. Poi ho provato a rintracciarlo dapertutto Chiedendo a più di un dirigente supponente, Telefonando all'arcicaccia all'arcitutto, Ma di lui sembra non sia rimasto niente, Se se ne parla è nel ricordo di un momento, Qualcuno dice che l'ha visto ma lontano, E tutti con un gran sorriso spento, Quasi per dire "era un ragazzo troppo strano". Keaton, Keaton Che fine hai fatto Keaton, Se mi vedessi con l'impermeabile, Sotto la pioggia che ti vengo a cercare, Keaton, Keaton Perché mi manca, Questa notte mi manca, La tua voglia di suonare. E finalmente un chissa chi non mi delude, Forse, però, non sa, probabilmente, E' in una provincia lontana come una palude, Dai nostri discorsi di suonare tra la gente. Una provincia come una sconfitta, Meno che essere una minoranza dignitosa, E' una palude è certo troppo fitta Di voli di zanzara per suonarci qualche cosa. Lo trovo e sembra che non sia più Keaton, Anche se è contento di vedermi, Sembrava facile toccarlo con un dito, Ma il cielo ci ha voluto tutti fermi. E finalmente ride e ride tanto ed è ingra**ato, E giura troppo che non sta poi male, Il jazz ormai se l'è dimenticato, Ci son parole tempi e ritmi Anche dentro a un ospedale. E nel lasciarmi all'inizio della sera, dice, E' come alla fine del cinema muto, C'è il sonoro non serve una tastiera, Ci salutiamo nel silenzio più a**oluto, Ed esco fuori con i miei giornali E non ho voglia di ridere per niente. Ho un treno che mi aspetta alla stazione, Mi dà fastidio anche il rumore della gente. Keaton, Keaton Che fine hai fatto Keaton, Sei poi andato in malora Keaton, Lo sai che ti sto venendo a cercare, Keaton, Keaton Perché stanotte Keaton ...